L’altro giorno Spotify ha fatto un evento in cui ha annunciato una serie di novità e mosse strategiche importanti, e ce ne sono tante anche per i podcast e chi li fa. Sto lavorando a un articolo che li riassuma e cerchi di contestualizzarli e spiegarli. Nonostante io sia spesso molto negativo nei loro confronti, è certo che hanno una strategia e la stanno mettendo in pratica nella maniera più efficace. Non è una strategia che mi piace, perché è votata a consolidare la loro posizione di dominanza nel mercato, e qualsiasi posizione simile è sempre negativa.
Fine, puoi anche leggere fino a qui e poi saltare alla sezione successiva, ché il resto son solo sfoghi e argomentazioni personali 🙃
Tra le novità annunciate (e lanciate) c’è il podcast di Bruce Springsteen e Barack Obama, in esclusiva per Spotify. Questa cosa dell’esclusiva non mi va giù, e mi rendo conto che è un groviglio di piani e ragionamenti diversi, un po’ razionali (quello che dicevo prima sulla biodiversità) e un po’ personali, che vengono dritti dalla mia storia con i podcast.
Io sono un ascoltatore della vecchia guardia, di quelli che c’eran già a metà degli anni 2000 e ascoltavano questi pazzi che parlavano al microfono come se fosse radio ma completamente diversa, on-demand, personale, senza niente in mezzo. Le esclusive non esistevano, e quando c’erano dei muri tra l’audio e le persone che lo volevano ascoltare erano casi isolati (spesso di quei mondi di business, self improvement o self-help che ho sempre frequentato molto poco). Negli anni poi è arrivato Patreon e il finanziamento diretto ai creators, ma lì ovviamente è un ragionamento completamente diverso; senza contare che quasi sempre chi fa cose in esclusiva per i finanziatori su Patreon ne fa anche altre, il cui accesso è libero e gratuito per chiunque. Io rientro in questa categoria, per esempio.
Dal 2005 al 2015 circa il dominio incontrastato l’ha avuto iTunes (e poi Apple Podcast), ma era un dominio lasso e svogliato: Apple non ha mai mosso un dito per chiudere i cancelli o monetizzare i podcast, semmai il contrario. Non era neanche necessario avere iTunes per ascoltarli, bastava solo copiare il feed ed era finita lì.
Da quando Spotify ha iniziato a interessarsi ai podcast la situazione è cambiata. Marco Arment lo diceva cinque anni fa: big money is here, and we’re only getting started. Mi rendo conto che decontestualizzata dall’articolo sembra una frase positiva o quantomeno interlocutoria, ma era estremamente negativa. E io sono dello stesso sentimento: con i soldi vengono le pretese di risultati, e per ottenerli si spesso si percorrono strade discutibili, tappezzate di pubblicità dinamiche e una miriade di dati personali.
Pochi anni dopo il suo articolo, Spotify ha iniziato a comprare qualsiasi cosa avesse o potesse avere un valore nel settore: diverse compagnie di produzione di podcast, un’app per l’ascolto & la realizzazione di podcast, agenzie pubblicitarie per curare gli adv all’interno dei podcast. Tutto per garantirsi dei conti in attivo rispetto ai salassi verso i discografici. Appena si comprarono Gimlet Media fui abbastanza certo che sarebbero arrivati i podcast in esclusiva per Spotify: e infatti. Che astio.
Poi ci rifletto un attimo e mi rendo conto che pago senza problemi Netflix, Prime Video, Disney+, AppleTV+: non mi fa specie, non mi suona strano pagare tanti flussi di video differenti: probabilmente perché da anni ho capito che il rapporto merda/qualità nella tv generalista e gratuita è decisamente a favore della merda, e quindi ben venga pagare degli abbonamenti se mi garantiscono una quantità di cose di qualità. Ma i podcast? I podcast sono ovunque, e sono bellissimi, e sono gratuiti, e va bene così.
Non mi hanno mai dato fastidio neanche gli audio show di Audible o Storytel, perché il loro modello di business non ha mai previsto l’ascolto gratuito. È l’approccio predatorio e da squali che ha messo in campo Spotify che mi disgusta.
Poi certo: ovvio che me lo ascolterò, Renegades: Born in the USA. Stiam parlando di Springsteen, che scherziamo?
Quello che ho fatto a febbraio per il mio percorso sui podcast
Un percorso che faccio con chi mi accompagna: se vuoi unirti, costa solo 6 euro al mese.
Quattro chiacchiere, febbraio 2021 [video]
OcenAudio: una bella alternativa ad Audacity [articolo]
Andrea F. De Cesco - La catena della voce 9 [podcast]
Riduzione del rumore: come usarla in Audacity [articolo]
E adesso decolliamo [articolo]
Viola - La catena della voce 8 [podcast]
Con Ciraolo ne abbiamo fatta un’altra
Andrea e io abbiamo lanciato Organizzazione per negati, un podcast nel quale ti facciamo sprecare tempo con l’illusione di darti qualche consiglio, trucchetto, link per organizzare meglio il tuo lavoro. In realtà siamo a malapena capaci di organizzare il nostro, figuriamoci insegnare queste cose agli altri! Il sito è molto bello, perché Andrea è molto bravo. Il podcast lo trovi quasi ovunque (nel momento in cui scrivo non è ancora su Apple Podcast e di conseguenza su tutte le piattaforme che da Apple Podcast si abbeverano).
Mi chiamo Matteo Scandolin, vivo a Milano e faccio podcast. Per i fatti miei con Querty, e poi per i miei clienti. Se vuoi sentire i miei lavori, c’è questa pagina che sembra fatta apposta per te. Se hai un’idea per un podcast e vorresti svilupparla, scrivimi. Tengo anche un corso, praticamente tutte le settimane: si svolge sul mio sito, ma si paga attraverso Patreon. Qui per pagare, qui per seguire. Se preferisci un corso isolato, dai un’occhiata a questa pagina. Sennò un paio di volte a settimana mando link e consigli nel mio canale Telegram.